giovedì, agosto 31, 2006

Tempo di recensioni. Da una parte Define The Great Line degli Underoath e dall’altra un album vecchio: Ascendancy dei Trivium, giusto per prepararci all’imminente uscita del nuovo album.

UNDEROATH Define the great line
Per il metalcore e lo screamo sembra sempre più difficile ottenere una certa stima dai media, vuoi perché tutti sono sempre pronti a scommettere sulla loro fine, vuoi perché in molti si soffermano sul mero aspetto estetico.
L’uscita di un album come Define The Great Line dovrebbero mettere tutti d’accordo o perlomeno affievolire le critiche e invece un fiume di polemiche e malelingue su un loro imminente scioglimento. Tutte queste cose, però, non c’entrano minimamente con la qualità dell’album, che, vi assicuro è ottima.
Allora, chi metterà d’accordo quest’album? Sicuramente i vecchi fan dei Thursday, quelli, immagino impazienti, dei Poison The Well e pure qualche metallaro dalle larghe vedute.
Il lavoro della band è un ottimo riassunto di screamo e melodia, breakdown mozzafiato, chitarre taglienti e sezioni ritmiche ispirate. Da apprezzare il growl interrotto da sporadiche aperture melodiche ideali per i sing-along.
Quello che si apprezza ( o si disprezza…a voi la scelta) è la generale compattezza e la capacità di tenere sempre alto il ritmo, nel quale si inserisce la melodica di Casting Such Thin Shadow, mentre brani come In Reagards to myself o Everyone looks so good from here sembrano ideali per una buona dose di violent dancing.
Menzione speciale per la riuscita e orecchiabile Writings on the walls, ottima per le radio alternative americane ( anche perché qua in Italia più che i Finley non passano…).
Tirando le somme questo è un album da prendere o lasciare: o piace o non piace, ma, vi prego, se vi avvicinate a questa band fregatevene se sono dei moralizzatori cattolici o se hanno le frange emo, lasciate parlare la musica, nel bene e nel male.
VOTO 8

TRIVIUM Ascendancy
Lo so, è vecchio come album, ma al momento dell’uscita il blog non esisteva ancora e come vi dicevo prima serve per preparare il terreno per l’uscita del nuovo The Crusade e per l’esibizione di Dicembre con gli Iron Maiden, dopo quella convincente dell’Heineken Jamming Festival.
I Trivium, se Dio vuole, nel giro di breve tempo saranno una delle band di punta della nuova scena metal, destinata a prendere il posto di quella generazione di fenomeni che ha dato il meglio di sé negli anni 80.
Quando è uscito quest’album, la band di Orlando aveva un età media non superiore ai 20 anni, ma comunque il risultato è sorprendente. L’equilibrio sviluppato in questo lavoro è la componente che sorprende; un equilibrio fatto di ispirazione e influenze passate. Infatti l’album risente notevolmente degli echi dei maestri Iron Maiden e Metallica ( guardacaso i giovani sono soliti fare live le cover di The Trooper e Master of Puppets), ma riletti in chiave moderna e non tramite un plagio. La band si fa apprezzare non solo per la tecnica e la forza sprigionata dal suono, ma anche sotto il punto di vista della ricerca di soluzioni melodiche per i cori e i ritornelli, molti dei quali di pregevole fattura ( vedi Like light to the flies ).
Anche in questo caso, l’ascolto dell’album tutto d’un fiato è caldamente consigliato, ma se proprio volete iniziare dai brani subito capaci di attirare la vostra attenzione andatevi subito a sentire
Pull Harder On The Strings Of Your Martyr, Dying In Your Arms, A Gunshot To The Head Of Trepidation e Departure.
Morale: inserite i Trivium di diritto tra i pesi massimi del metal perché, se va tutto bene, il bello deve ancora venire…
VOTO 8/9
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