Atreyu- Ordinary Life
"Apri il finestrino" dice bruscamente il frontman degli Atreyu Alex Varkatzas, interrompendo il batterista/cantante Brandon Saller." No, apri il finestrino, ti sei reso conto di cosa c’è qui intorno?"
Saller si alza, scosta la tendina e dal retro del tour bus degli Atreyu , posteggiato in un parcheggio della PNC Bank Arts Arena di New Jersey, si può vedere il tetto di un altro tour bus a circa tre piedi di distanza, qualche albero e un cielo di un blu pallido.
"Esattamente, hai capito cosa intendo, no?" incalza provocatoriamente Varkatzas: "mi passo i tre mesi estivi in un parcheggio da qualche parte.
È questa serie di emozioni: la solitudine, l’alienazione, la nostalgia di casa, cose tutte familiari per chi è mai stato membro di una band che gira il mondo in tour, cose che evocano il titolo del nuovo album degli Atreyu, Lead Sail Paper Anchor.
"Chiunque faccia questa vita sa cosa si prova a stare lontano dalle cose e dalle persone che ami, la tua famiglia", spiega Saller.
" Non sono un grande fan della vita in tour" ricalca Varkatzas: " mi piace andare sul palco, andare in giro con gli amici, ma la domanda è: mi piace stare fuori casa e dormire in un autobus tutte le sere? Ovviamente gli aspetti positivi superano quelli negativi e tutti nelle interviste mettono l’accento su quelli negativi, in modo che risaltino."
E questo ci porta su un altro argomento caldo riguardo il frontman: ossia la sua avversione per le interviste, o quantomeno la sua paura che le parole da lui pronunciate possano ritorcersi contro, come se stesse cercando di vendere una storia o svendere la sua band.
Prima di aggiungere qualsiasi cosa è importante dire che gli Atreyu sono ragazzi a posto e non sono così lagnosi come sembra da queste prime battute…
Oggi siamo seduti nel tour bus degli Atreyu, nel giorno più caldo del loro tour a supporto dei Korn che fa tappa nel New Jersey.
Brandon Saller, amante della pittura e dei cani ( "prima che me ne regalassero uno non me ne fregava nulla di loro, adesso sono diventato un fanatico") e in procinto di sposarsi a Novembre, è di buon umore e amichevole come al solito, mentre Alex Varkatzas, un palestrato, o è in buona luna o si è davvero calmato da un anno a questa parte. In passato si era conquistato la fama di una persona difficile da intervistare: di sicuro è riservato e sarcastico, ma oggi, dopo aver rotto il ghiaccio, si rivela ciarliero e disponibile.
" Scusa, ma non è il vostro lavoro quello di gonfiare le storie?" risponde Varkatzas quando gli chiediamo perché si sia fatto questa convinzione. " Se voi scriveste alla lettera tutte le mie dichiarazioni, sarebbe un po' noioso perché sono un tipo tranquillo che non dice nulla di controverso a meno che non mi si provochi. Le storie complicate vendono, i problemi vendono. A nessuno importa delle persone rilassate!"
Non ha tutti i torti, perché chiunque scriva qualcosa sugli Atreyu si renderà conto che sono delle persone normali che per caso sono diventati una famosa rock band, al di là delle presunte storie sull’alcolismo di Alex, la fine burrascosa del rapporto con la Victory, o gli insulti che spesso ricevono da altre band hardcore per aver abbandonato la scena, tutto questo è solamente un’inezia se confrontato con altre band e fondamentalmente sanno fare dei buoni show e hanno saputo far ritornare l’attenzione sugli Eighties anche grazie alla cover di successo di You Give Love A Bad Name.
" Negli anni 80 per l’ultima volta il mondo ha davvero preso sul serio il rock, anche se era solo andare sul palco e divertirsi, ma in fondo, se devo scendere dal palco e non sentirmi appagato, chi cazzo me lo fa fare?" sentenzia Varkatzas.
Il nuovo album, effettivamente, riporta in auge molti passaggi in stile anni 80 e vede la collaborazione con Josh Todd dei Buckcherry sul brano Blow e, per la prima volta, vede la band impegnata su temi politici come avviene nel brano Can’t Happen Here, palesando un forte dissenso riguardo la guerra in Iraq.
"Non credo che Bush stia prendendo le giuste decisioni e mi sento di dirlo tranquillamente. Soprattutto perché, in qualsiasi parte del mondo, se la polizia può liberamente venire a casa tua e perquisirti è giusto mandarli affanculo. Ogni impero è destinato a cadere e ogni impero fa cazzate per colpa dell’avidità e perché oltrepassa i propri limiti nelle decisioni" afferma Varkatzas.
Come ci si sente a fare questo tipo di dichiarazioni per la prima volta?
" La trovo una bella sensazione, ma al tempo stesso frustrante. La mia posizione di dissenso si risolve in una canzone, ma se può aprire gli occhi e le orecchie di qualcuno, allora mi fa piacere."
Indipendentemente dall’argomento che tratti con loro, appare sempre un senso di rilassatezza e un anti-divismo genuino negli Atreyu: "sì, mi mette ansia fare le interviste- ammette Alex con un sospiro- e lo si può capire dai miei sospiri. Sono molto felice che le persone ascoltino ciò che ho da dire nelle interviste, ma la mia opinione non conta più di quella della persona che la legge o di quella di chi scrive l’intervista. La gente da alle rock…- visto??? Stavo per dire rock star…sto diventando uno stronzo!!! La gente da alle persone nelle band questo enorme potere e noi ne siamo gradi, davvero, ma ascoltami bene, stamattina mi sono svegliato e il primo pensiero che mi è balenato è che dovevo fare la cacca, proprio come una persona qualsiasi!"
Ecco a voi gli Atreyu, persone normali fino in fondo.
Atreyu makes a video- Becoming The Bull
Lo scorso 16 Luglio la band si è trasferita agli Universal Studios di Los Angeles per girare il video di Becoming The Bull con il regista Kevin Kerslake ( Rise Against, Papa Roach), causando un piccolo terremoto visto che i fan erano coinvolti nel cast del video.
Brandon spiega in cosa consiste il video:" è sostanzialmente un video fatto da questi ragazzi che scappano a tutta velocità, ma non si capisce da cosa, presumibilmente dal toro, e arrivano dove noi stiamo suonando. È tutto basato sulla velocità e sull’impatto che deve avere e ci sono servite 12 ore filate per fare tutto, dunque una cosa molto stancante.
" La cosa curiosa è che questi studios hanno i tour guidati ai quali andavamo anche noi da bambini e a volte ci dicevano che in certe aree l’accesso era negato perché stavano filmando…beh, quel giorno c’eravamo noi a occupare il tutto.."
" Quel giorno abbiamo avuto 200 ragazzi circa sul set e volevamo che si cogliesse quella che è la vera energia della band anche per accompagnare al meglio l’uscita del nuovo album."
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