Recensioni
Atreyu- Lead Sails Paper Anchor
Forse, prima di fare ogni discorso riguardo a quest’album, sarebbe meglio fare una dichiarazione chiara ed esplicita: il suddetto album non è affatto metalcore.
Sono passati quasi 10 anni da quando il quintetto di O.C. ha iniziato a muovere i primi passi, contribuendo pesantemente a creare il sound metalcore moderno e ora sembra proprio che questa etichetta stesse un po’ stretta a Brandon, Alex e soci. Anche la breve distanza dalla loro precedente uscita discografica, sembra testimoniare la voglia di andare oltre e lasciare alle spalle il passato, senza peraltro rinnegarlo completamente. Oltre all’innegabile evoluzione sonora, risulta lampante come anche Alex Varkatzas abbia quasi completamente abbandonato le urla: scelta che susciterà sicure polemiche, magari proprio da quelle persone che anni fa inorridivano davanti al suo growl quasi atipico.
Il disco si apre con Doomsday, ideale trait d’union con quanto precedentemente fatto, caratterizzato da un attacco molto metal che sfocia in un perfetto ritornello di grossa presa e lo stesso si può dire di Honor.
Ora, sedetevi, perché Falling Down è davvero un colpo basso. Dannatamente pop e catchy con in mezzo un assolo che arriva dritto dritto dagli anni 80, con addirittura delle trombe di sottofondo. Non è esattamente ciò che ci aspettavamo dagli Atreyu, ma diavolo, se questo brano non darà loro la stessa fama dei My Chemical Romance et similia, ci sarà da gridare allo scandalo.
Segue il singolo, Becoming The Bull, altra combinazione pop-metal davvero difficile da non canticchiare. E che dire di Lose It, pezzo quasi nu-metal con inserimento di vocalizzi che sembrano uscire da Giù La Testa di Morricone??? Se non altro Two Become One ci riporta su territori più noti grazie al suo groove più hardcore farcito da continui assolini.
Personalmente, reputo Can’t Happen Here il brano più interessante con breakdown pesanti e qualche lieve passaggio elettronico, mentre Slow Burn è un’altra sorpresa che proprio non ti aspetti, ossia un mid-tempo in stile Millencolin, per non parlare di Blow, clamoroso esempio di cock-rock anni 80 che farebbe la gioia dei Motley Crue.
La trasformazione è iniziata, ma non completata, perché penso che questo album servisse agli Atreyu per convincere il proprio pubblico ( e anche autoconvincersi…) di essere una band a 360°, senza particolari limiti. Resta il fatto, però, che la mancanza di una univoca direzione e di un suono ben definito rende questo disco inferiore ad album come The Curse o Suicide Notes And Butterfly Kisses.
Di sicuro, se andrà tutto bene, diventeranno molto famosi…ma, in fondo, se lo meritano.
VOTO 7
Sono passati quasi 10 anni da quando il quintetto di O.C. ha iniziato a muovere i primi passi, contribuendo pesantemente a creare il sound metalcore moderno e ora sembra proprio che questa etichetta stesse un po’ stretta a Brandon, Alex e soci. Anche la breve distanza dalla loro precedente uscita discografica, sembra testimoniare la voglia di andare oltre e lasciare alle spalle il passato, senza peraltro rinnegarlo completamente. Oltre all’innegabile evoluzione sonora, risulta lampante come anche Alex Varkatzas abbia quasi completamente abbandonato le urla: scelta che susciterà sicure polemiche, magari proprio da quelle persone che anni fa inorridivano davanti al suo growl quasi atipico.
Il disco si apre con Doomsday, ideale trait d’union con quanto precedentemente fatto, caratterizzato da un attacco molto metal che sfocia in un perfetto ritornello di grossa presa e lo stesso si può dire di Honor.
Ora, sedetevi, perché Falling Down è davvero un colpo basso. Dannatamente pop e catchy con in mezzo un assolo che arriva dritto dritto dagli anni 80, con addirittura delle trombe di sottofondo. Non è esattamente ciò che ci aspettavamo dagli Atreyu, ma diavolo, se questo brano non darà loro la stessa fama dei My Chemical Romance et similia, ci sarà da gridare allo scandalo.
Segue il singolo, Becoming The Bull, altra combinazione pop-metal davvero difficile da non canticchiare. E che dire di Lose It, pezzo quasi nu-metal con inserimento di vocalizzi che sembrano uscire da Giù La Testa di Morricone??? Se non altro Two Become One ci riporta su territori più noti grazie al suo groove più hardcore farcito da continui assolini.
Personalmente, reputo Can’t Happen Here il brano più interessante con breakdown pesanti e qualche lieve passaggio elettronico, mentre Slow Burn è un’altra sorpresa che proprio non ti aspetti, ossia un mid-tempo in stile Millencolin, per non parlare di Blow, clamoroso esempio di cock-rock anni 80 che farebbe la gioia dei Motley Crue.
La trasformazione è iniziata, ma non completata, perché penso che questo album servisse agli Atreyu per convincere il proprio pubblico ( e anche autoconvincersi…) di essere una band a 360°, senza particolari limiti. Resta il fatto, però, che la mancanza di una univoca direzione e di un suono ben definito rende questo disco inferiore ad album come The Curse o Suicide Notes And Butterfly Kisses.
Di sicuro, se andrà tutto bene, diventeranno molto famosi…ma, in fondo, se lo meritano.
VOTO 7
As I Lay Dying- An Ocean Between Us
Un caloroso bentornato a questi cavalli di razza del thrash/metalcore!!! Due anni circa di attesa per risentire quella che è una delle band più concrete, sulle quali puntare ciecamente. Nel frattempo ci sono stati continui tour ( a proposito, speriamo in un miracolo perché vedere insieme loro, gli All That Remains e i Maroon sarebbe un colpo da novanta!) e Tim si è dedicato alla sua neonata etichetta. Ora, eccoli qua, carichi, incazzati e precisi come mai. Sempre più giustamente thrash ( non dite che sono cloni delle band del passato, sono le band del passato, tolti gli Slayer che non ne azzeccano più una) con aperture melodiche semplicemente perfette.
Dopo l’intro, parte una tripletta che è da pugno allo stomaco: Nothing Left, An Ocean Between Us e la potentissima Within Distruction (almeno 4 minuti di folle headbanging assicurati!).
Forsaken inizia lentamente per poi crescere sempre di più con un groove che più mosh non si può, condito con un ritornello davvero ottimo e lo stesso vale per Confort Betrays dove il doppio pedale va a mille.
Discorso a parte per I Never Wanted che si apre con tutta l’intenzione di sembrare una ballad metal, per poi rivelarsi un’interessante incrocio tra riff potenti, growl e cantato melodico; giusto un po’ di "quiete" prima dell’assalto di Bury Us All che va dritta e rapida come un treno e con tanto di preciso assolo sempre più thrash.
Se pensate di aver già sentito il meglio di questo album sbagliate di grosso, perché The Sound Of Truth è da applausi!!! In questa circostanza sembra di assistere ad una fusione tra gli As I Lay Dying e i sopracitati All That Remains, che sfoderano tutto il loro bagaglio tecnico e creativo: inutile dirlo, la voglia di sentirli dal vivo sta aumentando esponenzialmente!
Piccola pausina con Departed e poi parte l’assalto finale fatto da Wrath Upon Ourselves, che ci fa capire quanto la band abbia guadagnato in termini melodici nel sostituire il bassista, ed infine This Is Who We Are: ultimo chiaro messaggio per farci capire di che pasta sono fatti gli As I Lay Dying.
Una cinquantina di minuti tiratissimi che lasciano il segno e subito, infatti il disco colpisce e appassiona già dal primo ascolto, pur fornendo passaggi molto heavy e senza compromessi. La critica e il pubblico stanno già osannando An Ocean Between Us e, sebbene manchino ancora 4 mesi alla fine dell’anno, in attesa della risposta di altri pezzi grossi del metal, mi sbilancio e incorono questo lavoro come album dell’anno…senza esitare.
VOTO 9+
Dopo l’intro, parte una tripletta che è da pugno allo stomaco: Nothing Left, An Ocean Between Us e la potentissima Within Distruction (almeno 4 minuti di folle headbanging assicurati!).
Forsaken inizia lentamente per poi crescere sempre di più con un groove che più mosh non si può, condito con un ritornello davvero ottimo e lo stesso vale per Confort Betrays dove il doppio pedale va a mille.
Discorso a parte per I Never Wanted che si apre con tutta l’intenzione di sembrare una ballad metal, per poi rivelarsi un’interessante incrocio tra riff potenti, growl e cantato melodico; giusto un po’ di "quiete" prima dell’assalto di Bury Us All che va dritta e rapida come un treno e con tanto di preciso assolo sempre più thrash.
Se pensate di aver già sentito il meglio di questo album sbagliate di grosso, perché The Sound Of Truth è da applausi!!! In questa circostanza sembra di assistere ad una fusione tra gli As I Lay Dying e i sopracitati All That Remains, che sfoderano tutto il loro bagaglio tecnico e creativo: inutile dirlo, la voglia di sentirli dal vivo sta aumentando esponenzialmente!
Piccola pausina con Departed e poi parte l’assalto finale fatto da Wrath Upon Ourselves, che ci fa capire quanto la band abbia guadagnato in termini melodici nel sostituire il bassista, ed infine This Is Who We Are: ultimo chiaro messaggio per farci capire di che pasta sono fatti gli As I Lay Dying.
Una cinquantina di minuti tiratissimi che lasciano il segno e subito, infatti il disco colpisce e appassiona già dal primo ascolto, pur fornendo passaggi molto heavy e senza compromessi. La critica e il pubblico stanno già osannando An Ocean Between Us e, sebbene manchino ancora 4 mesi alla fine dell’anno, in attesa della risposta di altri pezzi grossi del metal, mi sbilancio e incorono questo lavoro come album dell’anno…senza esitare.
VOTO 9+