BLEEDING THROUGH LIVE!!!
Il sospetto ci era venuto ormai qualche mese fa e più i mesi passano e più ci rendiamo conto che, quello che era un semplice sospetto, è una splendida verità: il 2007, musicalmente parlando, è qualcosa di indescrivibile.
È qualche anno che seguiamo i Bleeding Through e, fino a qualche mese fa, pensavamo che la speranza di vederli sui palchi italiani sarebbe rimasta tale e invece siamo rimasti sorpresi nel vedere che la band di O.C. ci ha regalato ben 3 date nel nostro paese. Insomma, finalmente il pubblico italiano ha potuto conoscere a fondo una delle migliori band metal in circolazione al momento.
Morale, alle 4:30 del pomeriggio di venerdì 9 Marzo non stiamo più nella pelle e iniziamo a muoverci per andare a Milano in direzione Transilvania Live.
Sono anni che attendiamo e dunque è legittimo goderci ogni singolo momento di questa serata.
Di quello che è successo prima e dopo lo show vi racconterò più avanti, ora mi concentro sullo show.
Dopo la solita, inspiegabile coda (peraltro non siamo poi tantissimi…peccato, non sapete cosa vi siete persi), entriamo e nel giro di breve tempo tocca agli australiani I Killed The Prom Queen salire sul palco.
Ormai comincio ad essere stufo di dover fare ampli preamboli per la prima band della serata, ma purtroppo mi tocca anche stavolta farne una valanga.
Premesso che i suoni erano impastatissimi, che il microfono usato dal chitarrista per le parti melodiche era pressochè inesistente, che qualche errore tecnico c’è stato, che il cantante era una quasi totale new entry e che il tempo a loro concesso è stato ridottissimo: a me sono piaciuti comunque.
Il nuovo lavoro, Music For The Recently Deceased, ha mostrato tutto il loro talento e se riusciranno a fare di questo album il loro punto di partenza, con buona probabilità, tra qualche anno avremo una band che si toglierà delle grosse soddisfazioni.
A proposito, conviene tenere sotto controllo la scena australiana, perché tra loro e i Parkway Drive ci sono dei talenti in giro per la terra dei canguri da non trascurare.
Breve pausa, giretto per il locale e pronti per gli All Shall Perish.
La band di Oakland è più rodata rispetto ai loro predecessori e si vede subito. Il biglietto da visita di questi cinque musicisti è fatto da un metal/hardcore dannatamente mosh e da una performance carica di energia.
Eddie, il cantante, salta e corre da una parte all’altra del palco, sostenuto da due chitarristi all’altezza.
Piccola nota e motivo di sorpresa: gli All Shall Perish sono forse una delle poche band metalcore con una propria posizione politica antiestablishment.
Finalmente giunge l’ora dei Bleeding Through…ve lo anticipo, sarò faziosissimo nel giudizio su di loro.
C’è poco da fare, adoro i Bleeding Through. Sarà perché uniscono quella sana immagine dark con l’immaginario splatter/gore e sonorità taglienti, a volte devastanti.
I Bleeding Through sono come un killer che squarta la sua vittima con eleganza, sono un carroarmato e un fioretto al tempo stesso, sono la furia di Brandan e lo stile di Marta.
Poche storie, quando ci sono loro sul palco è spettacolo. Brandan, in splendida forma, urla, salta e ogni cinque secondi si getta tra il pubblico per farlo cantare. Il resto della band non sbaglia un colpo regalando un live set intensissimo e poi, Marta è una calamita formidabile, non puoi non notarla.
Lo show pesca a piene mani dall’ultimo, splendido, The Truth, senza trascurare perle come Love Lost In A Hale Of Gunfire, On Wings Of Lead, Revenge I Seek e la ormai classica Rise.
Quando tutto finisce, ci guardiamo in faccia contenti e consapevoli che la fama dei Bleeding Through è assolutamente meritata.
Ci meritiamo, evidentemente, un sorso d’acqua e un attimo di relax prima dell’ultima performance.
I Caliban sono il nome più altisonante della scena metalcore europea e posso dire che il loro mestiere lo sanno fare bene. Forse sono la band che regala sonorità più soft della serata e la nuova traccia proposta, tratta dall’album in uscita in primavera su Roadrunner, conferma questa scia sonora. A volte sembrano i Killswitch Engage europei.
Assolutamente corposo il seguito di pubblico che la band teutonica si è saputa conquistare, forse anche grazie alla buona capacità di stare sul palco.
In conclusione, veramente un ottimo mini festival, ma di questi tempi non è poi una sorpresa clamorosa perché la scena metalcore sta bene, eccome…alla faccia di quelli che snobbano questo genere perché troppo impegnati a criticare.
È qualche anno che seguiamo i Bleeding Through e, fino a qualche mese fa, pensavamo che la speranza di vederli sui palchi italiani sarebbe rimasta tale e invece siamo rimasti sorpresi nel vedere che la band di O.C. ci ha regalato ben 3 date nel nostro paese. Insomma, finalmente il pubblico italiano ha potuto conoscere a fondo una delle migliori band metal in circolazione al momento.
Morale, alle 4:30 del pomeriggio di venerdì 9 Marzo non stiamo più nella pelle e iniziamo a muoverci per andare a Milano in direzione Transilvania Live.
Sono anni che attendiamo e dunque è legittimo goderci ogni singolo momento di questa serata.
Di quello che è successo prima e dopo lo show vi racconterò più avanti, ora mi concentro sullo show.
Dopo la solita, inspiegabile coda (peraltro non siamo poi tantissimi…peccato, non sapete cosa vi siete persi), entriamo e nel giro di breve tempo tocca agli australiani I Killed The Prom Queen salire sul palco.
Ormai comincio ad essere stufo di dover fare ampli preamboli per la prima band della serata, ma purtroppo mi tocca anche stavolta farne una valanga.
Premesso che i suoni erano impastatissimi, che il microfono usato dal chitarrista per le parti melodiche era pressochè inesistente, che qualche errore tecnico c’è stato, che il cantante era una quasi totale new entry e che il tempo a loro concesso è stato ridottissimo: a me sono piaciuti comunque.
Il nuovo lavoro, Music For The Recently Deceased, ha mostrato tutto il loro talento e se riusciranno a fare di questo album il loro punto di partenza, con buona probabilità, tra qualche anno avremo una band che si toglierà delle grosse soddisfazioni.
A proposito, conviene tenere sotto controllo la scena australiana, perché tra loro e i Parkway Drive ci sono dei talenti in giro per la terra dei canguri da non trascurare.
Breve pausa, giretto per il locale e pronti per gli All Shall Perish.
La band di Oakland è più rodata rispetto ai loro predecessori e si vede subito. Il biglietto da visita di questi cinque musicisti è fatto da un metal/hardcore dannatamente mosh e da una performance carica di energia.
Eddie, il cantante, salta e corre da una parte all’altra del palco, sostenuto da due chitarristi all’altezza.
Piccola nota e motivo di sorpresa: gli All Shall Perish sono forse una delle poche band metalcore con una propria posizione politica antiestablishment.
Finalmente giunge l’ora dei Bleeding Through…ve lo anticipo, sarò faziosissimo nel giudizio su di loro.
C’è poco da fare, adoro i Bleeding Through. Sarà perché uniscono quella sana immagine dark con l’immaginario splatter/gore e sonorità taglienti, a volte devastanti.
I Bleeding Through sono come un killer che squarta la sua vittima con eleganza, sono un carroarmato e un fioretto al tempo stesso, sono la furia di Brandan e lo stile di Marta.
Poche storie, quando ci sono loro sul palco è spettacolo. Brandan, in splendida forma, urla, salta e ogni cinque secondi si getta tra il pubblico per farlo cantare. Il resto della band non sbaglia un colpo regalando un live set intensissimo e poi, Marta è una calamita formidabile, non puoi non notarla.
Lo show pesca a piene mani dall’ultimo, splendido, The Truth, senza trascurare perle come Love Lost In A Hale Of Gunfire, On Wings Of Lead, Revenge I Seek e la ormai classica Rise.
Quando tutto finisce, ci guardiamo in faccia contenti e consapevoli che la fama dei Bleeding Through è assolutamente meritata.
Ci meritiamo, evidentemente, un sorso d’acqua e un attimo di relax prima dell’ultima performance.
I Caliban sono il nome più altisonante della scena metalcore europea e posso dire che il loro mestiere lo sanno fare bene. Forse sono la band che regala sonorità più soft della serata e la nuova traccia proposta, tratta dall’album in uscita in primavera su Roadrunner, conferma questa scia sonora. A volte sembrano i Killswitch Engage europei.
Assolutamente corposo il seguito di pubblico che la band teutonica si è saputa conquistare, forse anche grazie alla buona capacità di stare sul palco.
In conclusione, veramente un ottimo mini festival, ma di questi tempi non è poi una sorpresa clamorosa perché la scena metalcore sta bene, eccome…alla faccia di quelli che snobbano questo genere perché troppo impegnati a criticare.
HOME OF METALCORE MEETS BLEEDING THROUGH
Quando è serata e le cose girano per il verso giusto lo si capisce al volo. Caso fortuito ha voluto che dal primo istante in cui ci siamo avvicinati al Transilvania le cose si siano messe subito benissimo: infatti incontriamo Marta Peterson, la tastierista dei BT.
La curiosità di conoscerla e sapere qualcosa sul futuro della band è troppo forte e lei, molto gentilmente, si presta a rispondere alle mie domande. Rimango assolutamente sorpreso nel vedere che le sue risposte non sono affatto telegrafiche e svagate, ma piuttosto molto puntuali. Così nei minuti che seguono parliamo un po’ del tour che li ha visti come headliner in Inghilterra, dove hanno riscosso enorme successo e dove hanno un pubblico folto e scatenato. Parliamo del nuovo video, Line In The Sand, da lei definito molto più malinconico e romantico rispetto ai precedenti due, decisamente più duri e quasi sanguinari.
Parliamo dei progetti futuri per la band, ossia di entrare in studio dopo l’estate e vedere di fare qualche data in qualche festival estivo. Sorprendentemente mostra molta simpatia per il pubblico italiano e non nasconde la difficoltà di comunicazione con quello francese.
Poi, sfortunatamente per voi, fortunatamente per me, abbiamo iniziato a parlare di tutt’altro, soprattutto di alcuni personaggi della scena musicale che da sempre sono i miei idoli e che poco c’entrano con il metalcore.
Morale, assolutamente gentilissima e disponibile.
A fine serata non ci rimane che scambiare qualche battuta con Brandan Schieppati, anche lui molto disponibile.
Ci conferma tutti i progetti futuri sulla band, in particolare di prevedere l’entrata in studio tra settembre e ottobre.
Inoltre ci svela che avrebbe voluto fare addirittura 5 date in Italia volendo toccare anche Roma, sapendo dell’esistenza di una grande scena hardcore nella capitale, e Torino.
Ovviamente non potevo esimermi dal chiedergli qualcosa su Orange County e la sua scena musicale: mi spiega del perché, sia nata una scena punk/metal/hardcore storica molto forte, come naturale reazione alla circostante società molto conservatrice e ottusa. Inoltre, racconta della solidarietà tra band della zona ( A7X, Atreyu, Eighteen Visions, Throwdown), unite da un solo pubblico molto orgoglioso e sempre pronto a collaborare in tutti i modi, dal volantinaggio alle fanzine alle richieste alle radio e ai canali tv musicali, per far crescere questa scena, fatta da show con non meno di 300 persone e a volte anche migliaia di ragazzi.
In conclusione parliamo pure del suo side project (i Die Die My Darling, gruppo di cover dei Misfits), della sua passione per la band del NJ e della sua evidente discendenza italiana.
Che dire? Ottima band e persone splendide…avercene di persone così!
La curiosità di conoscerla e sapere qualcosa sul futuro della band è troppo forte e lei, molto gentilmente, si presta a rispondere alle mie domande. Rimango assolutamente sorpreso nel vedere che le sue risposte non sono affatto telegrafiche e svagate, ma piuttosto molto puntuali. Così nei minuti che seguono parliamo un po’ del tour che li ha visti come headliner in Inghilterra, dove hanno riscosso enorme successo e dove hanno un pubblico folto e scatenato. Parliamo del nuovo video, Line In The Sand, da lei definito molto più malinconico e romantico rispetto ai precedenti due, decisamente più duri e quasi sanguinari.
Parliamo dei progetti futuri per la band, ossia di entrare in studio dopo l’estate e vedere di fare qualche data in qualche festival estivo. Sorprendentemente mostra molta simpatia per il pubblico italiano e non nasconde la difficoltà di comunicazione con quello francese.
Poi, sfortunatamente per voi, fortunatamente per me, abbiamo iniziato a parlare di tutt’altro, soprattutto di alcuni personaggi della scena musicale che da sempre sono i miei idoli e che poco c’entrano con il metalcore.
Morale, assolutamente gentilissima e disponibile.
A fine serata non ci rimane che scambiare qualche battuta con Brandan Schieppati, anche lui molto disponibile.
Ci conferma tutti i progetti futuri sulla band, in particolare di prevedere l’entrata in studio tra settembre e ottobre.
Inoltre ci svela che avrebbe voluto fare addirittura 5 date in Italia volendo toccare anche Roma, sapendo dell’esistenza di una grande scena hardcore nella capitale, e Torino.
Ovviamente non potevo esimermi dal chiedergli qualcosa su Orange County e la sua scena musicale: mi spiega del perché, sia nata una scena punk/metal/hardcore storica molto forte, come naturale reazione alla circostante società molto conservatrice e ottusa. Inoltre, racconta della solidarietà tra band della zona ( A7X, Atreyu, Eighteen Visions, Throwdown), unite da un solo pubblico molto orgoglioso e sempre pronto a collaborare in tutti i modi, dal volantinaggio alle fanzine alle richieste alle radio e ai canali tv musicali, per far crescere questa scena, fatta da show con non meno di 300 persone e a volte anche migliaia di ragazzi.
In conclusione parliamo pure del suo side project (i Die Die My Darling, gruppo di cover dei Misfits), della sua passione per la band del NJ e della sua evidente discendenza italiana.
Che dire? Ottima band e persone splendide…avercene di persone così!
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