lunedì, ottobre 23, 2006



Trivium- The Crusade
Dev’essere stato bellissimo nell’ultimo anno e mezzo essere un membro dei Trivium. Le vendite vanno benissimo, suoni ai migliori festival, ricevi premi prestigiosi e al contempo hai il pieno sostegno della stampa che ti adora. Il tutto reso ancora più incredibile dal fatto che hai solo poco più di vent’anni e stai già assaporando il successo e la fama che, a volte, band più vecchie di te non arrivano nemmeno a sfiorare. Tutto bellissimo, ma al tempo stesso pericolosissimo.
Basta veramente poco per rovinare una carriera ad una band giovane e a volte la stampa può fare più danni della grandine dopo aver pontificato, ma per fortuna nel caso dei Trivium non è andata così.
Matt Heafy e soci sono un gruppo di musicisti maturi (e lo capirete nella prossima intervista che pubblicheremo) capaci di realizzare un disco, senza mezzi termini, splendido.
Ancora una volta la band di Orlando realizza un lavoro compatto e ben plasmato. Non manca nulla, perché rabbia, tecnica e pure momenti riflessivi si alternano in tredici tracce che lasciano il segno, anche emotivamente.
I Trivium sanno essere una band thrash ( vedi Ignition, To The Rats e Becoming The Dragon o Entrance Of The Conflagration), ma al tempo stesso una rock band matura capace di esplorare territori un po’ fuori dagli schemi o comunque di riportare in auge i fasti di un passato musicale glorioso fatto da band come Megadeth e Metallica.
Al di là della grande qualità complessiva del disco, i Trivium riescono anche a regalare picchi di eccellenza.
A cominciare dal singolo The Anthem ( we are the fire), il cui titolo non poteva essere più azzeccato, vista la capacità di colpire sin dal primo ascolto e creare un’atmosfera live eccezionale con quei cori che in un festival ci starebbero alla perfezione.
Anche Tread The Floods è da ricordare perché sa mischiare riff punk e metal con molta abilità e inoltre offre anche un ottimo ritornello di grande intensità.
In ultimo, metto una scelta del tutto personale, perché trovo che And Sadness Will Sear sia un piccolo capolavoro. In questo brano i Trivium mostrano il loro lato più toccante ed emozionale, a cominciare dalla tematica trattata nel testo, senza perdere in aggressività e carattere.
Fatti due conti e visto l’evolversi del rock in questi ultimi tempi, c’è da inchinarsi di fronte a The Crusade, un disco assolutamente ispirato ed onesto. Salvo clamorosi colpi di coda (improbabili), questo è senz’ombra di dubbio il miglior album del 2006 e i Trivium sono una delle migliori band in circolazione…a poco più di ventidue anni. Fate un po’ voi…
VOTO 9


Eighteen Visions- Eighteen Visions
Quanti preamboli devo fare prima di recensire questo album? Forse troppi. D’accordo, gli Eighteen Visions non sono più un gruppo metalcore, stanno su una major, si truccano e visti dal vivo si atteggiano come una band hard rock anni 80. Ma sapete cosa vi dico? Chissenefrega. Ammetto che questo disco è il più ruffiano (per non dire paraculo) che abbia mai recensito e abbia mai apprezzato. Lo ammetto, in fondo, l’album omonimo degli 18V mi piace. Chiaro, non siamo davanti ad un capolavoro, nemmeno di fronte alla svolta epocale della quale la band ha parlato, in fase di presentazione dell’album, ma il disco sa piazzare qualche bel colpo. Pensate ad una band hard rock alla Hardcore Superstar con una buona propensione per i ritornelli di facile presa e le aperture melodiche, alla Guns’n’Roses per intenderci. Alla luce di quanto detto prima si spiegano brani come Victim, singolone che non posso fare a meno di cantare, o la ballata Last Night, volutamente strappalacrime, o Black and Bruised con un piglio molto più incisivo, ma al tempo stesso con il ritornello che sa fare sfracelli.
Degne di menzione anche Pretty Suicide e The Sweetest Memory, dove dei riff assassini e dei growl brutali tipici del metalcore non c’è nemmeno l’ombra.
Dopo averli visti all’opera dal vivo, me lo ripeto spesso, gli Eighteen Visions hanno la possibilità di fare bene, devono solo crederci e trovare una via alternativa. Questo album non è un punto di arrivo, ma semmai un punto di partenza e non ci rimane che sperare che la band se ne renda conto.
Dove stanno i limiti di questo album? Semplice, i testi a volte sono banali e si sente lontano un miglio che l’album è stato scritto per vendere e tanto…eppure, ve l’ho detto, mi piace!
Tirando le somme, alla band di Orange County si può dare un voto discreto di incoraggiamento, a patto che non si fermino qua…è chiaro???
VOTO 7,5
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