Perdonatemi, ma oggi sono esaltatissimo. Ieri sera i VMA ci hanno regalato delle belle soddisfazioni e mi sembrava giusto rendere omaggio ad una band che ha stupito tutti: gli Avenged Sevenfold.
Esatto, perché ieri notte, contro ogni pronostico, si sono portati a casa il Best New Artist Award. Lo so, sono cazzate commerciali fatte da MTV per autocompiacersi , ma per me è un segnale molto positivo.
Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Il Giò ha scovato gli A7X ormai quattro anni fa, quando in Italia probabilmente nessuno se li filava e da allora l’amore per loro è stato crescente e a quanto pare anche altri ci stanno seguendo sulla retta via ( per par condicio dirò che, anni orsono, fu Emi a scoprire i Trivium).
Sembra quasi che, finalmente, a MTV e tra i media qualcosa inizi a funzionare per il verso giusto e che, forse, chi fa musica sul serio abbia speranze di emergere per davvero.
Ma andiamo con ordine, perché la storia dei Sevenfold è ordinaria e strepitosa al tempo stesso.
Tutto inizia, ormai qualche anno fa, ad Orange County per volontà di M. Shadows ( il cui vero nome è Matt Sanders) e The Reverend, entrambi usciti da band con sonorità punk e affini. I primi passi della band sono abbastanza comuni: basti pensare al luogo di provenienza e alle influenze musicali dei membri della band, eppure qualcosa si muove sul serio.
Il primo album della band è Sounding The Seventh Trumpet che subito suscita un po’ di curiosità tra le riviste specializzate. Chi sono questi Avenged Sevenfold, si chiedono tutti? Un nome sfacciatamente biblico e delle canzoni a cavallo tra il metal e il punk anni 90. Sembra che la cosa più interessante da sapere dai cinque membri della band siano le influenze musicali, a volte quasi contradditorie. Shadows a volte indica come principali influenze i NOFX e i Bad Religion e altre i Pantera, gli Slayer o i Guns’N’Roses. In effetti, l’album è un po’ confusionario e ancora acerbo, anche se qua e là sbucano colpi di genio: su tutti la meravigliosa Warmness on the soul. Tradotto: un brano simile 15 anni prima avrebbe fatto seria concorrenza a Don’t Cry dei Guns’N’Roses.
Si giunge al 2003, l’anno di Waking The Fallen e gli A7X sono ancora al centro dell’attenzione della scena underground. Il mistero su chi siano realmente si infittisce ancora di più. Vestono quasi come gli AFI, suonano metalcore ma che sembra un’evoluzione dei Metallica, senza trascurare il nome e l’emblematica canzone Chapter Four ( indovinate di cosa si parla nel capitolo quattro della Genesi). Che siano dei predicatori cattolici? Niente di tutto ciò.
L’album è un gioiellino che li porta a diventare nome di punta della scena di Orange County e nel cast stellare del Warped Tour 2003. Ma la cosa più importante è che gli A7X si creano una fan base solida e fedele che, alla lunga, sarà la loro forza.
Arriva il 2005 e la stampa americana gioca d’anticipo etichettando il terzo album della band , City of Evil, come uno degli album più attesi dell’anno. Indovinato. City of Evil è lontano dal passato dei Sevenfold, ma mai così coerente con le loro influenze ( andate a rivedervi la recensione di qualche mese fa).
Il resto, è storia recente. Tour su tour ( ad ottobre saranno ancora in Inghilterra con i Bleeding Through) e collaborazioni stellari fino al recente Ozzfest da protagonisti ( cercatevi il numero di Kerrang del 19 Agosto). Poi, il presente e l’MTV Award come Best New Artist: da band qualunque della zona di Los Angeles a nome di punta del rock americano, tutto in una manciata di anni.
Sarà stupido, ma quando vedi una delle tue band preferite intraprendere questo cammino, sorridi e non poco e pensi pure…avevo ragione io!
Esageriamo: pure una breve recensione del capolavoro metalcore Waking The Fallen
AVENGED SEVENFOLD Waking The Fallen
Al tempo quest’album entrò di diritto tra le più grosse sorprese musicali che mi fossero mai capitate tra le mani. Età media dei componenti: circa 20 anni, tecnica: sopraffina, ispirazione: tantissima e idee a palate.
L’inizio è subito con il botto perché il singolone Unholy Confessions non lascia impassibili e si appiccica subito in testa e lo stesso fa Chapter Four ( potrebbe stare tranquillamente tra le prime 5 canzoni più belle dei Metallica), ma, attenzione, il bello deve ancora venire.
Esatto, perché è con la raffica delle 4 canzoni successive che i Sevenfold piazzano il colpo e giocano le loro carte migliori. Remenissions, Resecrate Through Reverance, ma soprattutto Eternal Rest e Second Heartbeat ( da apprezzare in sede live) mostrano tecnica, velocità, growl ben curati e una rabbia notevole.
Menzione speciale per la coppia I Won’t See You Tonight part I e II: la prima romantica e toccante come poche, la seconda complessa e al fulmicotone, prima del gran finale di And All The Things Will End.
Se siete consumati esperti di metal e hardcore, questo è un album che vi prende subito e vi entra nelle vene, se non lo siete, consiglio un ascolto a piccole dosi, prima di passare a quelle massicce che a giorni alterni io e i miei soci ci concediamo con questo gioiellino.
VOTO 9,5